Con DGRC n.599 del 28.12.2021, la Regione Campania, nel determinare i tetti di spesa per la specialistica ambulatoriale anno 2022, ha profondamente innovato il sistema, disponendo il passaggio dal c.d. “tetto di branca” al c.d. “tetto di struttura”.
L’innovazione riguarda, quindi, le branche della Diabetologia, Cardiologia, Branche a Visita, Patologia Clinica (Laboratorio di Analisi), Medicina Nucleare, Radiodiagnostica e Radioterapia, che avevano mantenuto finora l’impostazione del cd. tetto di branca, ovvero di un budget assegnato a ciascuna ASL, al quale le diverse strutture private accreditate attingono in corso d’anno, fino al suo esaurimento.
Come si legge nella “nota metodologica” allegata alla Delibera, l’impostazione dei tetti di spesa “di branca” fu introdotta nel 2003 con le DGRC n. 1272 del 28.03.2003 e n. 2451 del 01.08.2003. Questa impostazione fu accolta con favore dalle strutture private accreditate perché consentiva ai singoli centri più attrattivi ed efficienti una più agevole crescita dimensionale, entro un margine massimo del 10% all’anno (il cd. limite all’overselling). Tuttavia, questa impostazione presenta una notevole complessità gestionale, resa ancora più critica dal processo di aggregazione che ha interessato i Laboratori di Analisi negli ultimi anni, laddove molte aggregazioni comprendono (come SPOKE) anche laboratori operanti in ASL diverse da quella a cui fattura la capogruppo (HUB). Inoltre, l’impostazione del tetto di spesa “di branca” ha generato, negli anni un sempre più precoce esaurimento dei tetti di spesa e, conseguentemente, una sempre più agguerrita corsa dei vari centri privati ad effettuare la maggiore attività possibile nei primi mesi dell’anno solare. Peraltro, con il negativo effetto di rendere immediatamente disponibili, nella prima metà dell’anno, senza alcuna lista di attesa, tutte le prestazioni sanitarie, comprese quelle che il MMG valuta programmabili, a scapito della esigenza, una volta esaurito il tetto di spesa “di branca”, di coadiuvare le strutture sanitarie pubbliche nell’assicurare le prestazioni urgenti e/o comunque da garantire in tempi certi e brevi (come, ad esempio, i controlli periodici previsti nei PDTA per patologie oncologiche, cardiologiche, ecc.).
Le esposte criticità connesse al “tetto di branca” hanno spesso indotto una riflessione circa la possibilità di applicare, anche alla specialistica ambulatoriale (come del resto già fatto nelle altre macroaree di assistenza sanitaria acquistata dai soggetti privati: ospedaliera, territoriale per riabilitazione, salute mentale e socio-sanitario), il “tetto di struttura”. Ebbene, nel rimandare all’analisi dei documenti allegati, si evidenzia sin da subito come l’applicazione del “tetto di struttura”, da un canto, consente di risolvere alcune delle criticità proprie del sistema “tetto di branca”, ma, dall’altro, per come proposto dalla Regione Campania, pone altri problemi e difficoltà per gli operatori del settore. In primo luogo, non si può non evidenziare che il riferimento alla media delle produzioni relative agli anni 2020 e 2021 sia ingiusto e pregiudizievole. Difatti, tali annualità sono state evidentemente influenzate in maniera negativa dall’emergenza COVID-19, la quale ha determinato una forte contrazione dell’attività, proprio della specialistica ambulatoriale. Inoltre, il dato del 2021 non è ancora un dato definitivo, atteso che le ASL impiegano solitamente circa un anno per stabilizzare il dato di produzione dei centri privati convenzionati, attraverso fatturazioni e note di credito. Inoltre, il volume dei fondi stanziati, a livello di branca, per la specialistica ambulatoriale non tiene conto dell’extra budget (circa 72 milioni) approvato lo scorso anno nell’ambito del Piano regionale di recupero delle liste d’attesa
(https://www.associazioneaisp.it/2021/08/05/sanita-approvato-il-piano-di-recupero-liste-dattesa-fondi-aggiuntivi-per-i-budget-della-specialistica/).
Infine, si è persa ancora una volta l’occasione per incrementare il tetto complessivo della specialistica ambulatoriale, fermo da oltre 10 anni e, dunque, non più al passo con l’evoluzione soprattutto tecnologica della diagnostica.
Si auspica, dunque, una revisione del provvedimento, per consentire ai centri privati accreditati di poter operare meglio nell’interesse dei pazienti e, nel contempo, poter rispondere a criteri di sostenibilità economica delle proprie aziende.
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